Impugnazione licenziamento

Per impugnare e risarcire un licenziamento bisogna sapere prima di tutto che il licenziamento può essere definito come atto unilaterale con cui il datore di lavoro recede dal contratto di lavoro stipulato con il dipendente.

Impugnazione Licenziamento termini

Ai sensi dell’art. 2118 del codice civile ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto a tempo indeterminato (anche il lavoratore e si parla di dimissioni), dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti dai contratti collettivi, dagli usi o secondo equità.

In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto a versare all’altra parte una indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo del preavviso lavorato (indennità sostitutiva del preavviso).

Secondo l’articolo 1 della legge n. 604/1966, il datore di lavoro può intimare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, giustificato motivo soggettivo e per giusta causa.

Puoi approfondire meglio nel nostro articolo su cosa fare in caso di licenziamento.

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impugnazione licenziamento per giustificato motivo oggettivo (con preavviso)

Può essere intimato dal datore di lavoro in relazione ad esigenze oggettive dell’impresa inerenti l’attività produttiva e all’organizzazione del lavoro, per uno stato di crisi aziendale o di bassa liquidità, ad esempio:

  • Delocalizzazione, soppressione del posto di lavoro o del reparto cui è addetto il lavoratore;
  • Liquidazione, cessazione e scioglimento dell’impresa.

Il lavoratore che vuole impugnare il licenziamento dovrà quindi contrastare una tale situazione di fatto, indicando ad esempio l’esistenza di altri posti di lavoro in azienda nel quale essere ricollocato. In sintesi, contestare le ragioni poste alla base del licenziamento e che dovranno poi essere verificate dal giudice del lavoro.

Mentre il datore di lavoro è tenuto a provare in giudizio l’effettività delle esigenze organizzative e produttive, la loro incidenza sulla posizione occupata dal lavoratore e l’impossibilità di un suo differente impiego in mansioni diverse da quelle precedentemente svolte.

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impugnazione licenziamento per giustificato motivo soggettivo (con preavviso)

Viene disposto dal datore di lavoro come conseguenza di una notevole violazione commessa dal lavoratore rispetto agli obblighi previsti dal contratto di lavoro, ad esempio:

  • abbandono immotivato del luogo di lavoro;
  • reiterata violazione del codice disciplinare;
  • provocazione di una rissa sul luogo di lavoro;
  • violazione dell’obbligo di diligenza da parte del lavoratore.

In tutti i casi di licenziamento per giustificato motivo (oggettivo e soggettivo) il datore di lavoro che recede dal contratto di lavoro è obbligato a dare un preavviso, ossia un congruo termine dall’emissione del provvedimento all’effettiva interruzione del rapporto, nei termini generalmente stabiliti dai contratti collettivi. Ricordiamo che il preavviso, anziché lavorato, potrà anche essere liquidato con un’indennità c.d. sostitutiva del preavviso.

Il giustificato motivo soggettivo si distingue dalla giusta causa di recesso per la minore intensità e gravità della violazione commessa dal lavoratore, comunque idonea a giustificare il recesso da parte del datore di lavoro. In caso di impugnazione del licenziamento da parte del lavoratore, il giudice dovrà valutare se la gravità della violazione integri o meno un giustificato motivo di recesso.

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impugnazione licenziamento per giusta causa (senza preavviso)

Ai sensi dell’art. 2119 del codice civile la giusta causa di recesso, senza preavviso (c.d. licenziamento in tronco), ricorre quando si verifica un fatto di una gravità tale da non consentire la prosecuzione, neanche provvisoria del rapporto di lavoro, in quanto il comportamento tenuto dal lavoratore integra una grave negazione degli elementi del rapporto di lavoro tale da ledere definitivamente il vincolo di fiducia esistente tra le parti.

(Abbiamo dedicato un articolo di approfondimento all’impugnazione licenziamento per giusta causa)

A differenza del licenziamento per giustificato motivo soggettivo, il recesso per giusta causa può essere conseguenza non solo di un inadempimento agli obblighi contrattuali, ma anche di una condotta estranea agli adempimenti contrattuali, che sia però idonea a pregiudicare definitivamente il rapporto fiduciario e questo può avvenire anche per fatti gravi attinenti la vita privata del lavoratore. Tutte queste circostanze portano, quindi, ad escludere un’utile e profittevole prosecuzione del rapporto di lavoro, ad esempio:

  • assenza ingiustificata;
  • rifiuto reiterato di eseguire la prestazione lavorativa;
  • grave episodio di insubordinazione con minacce o ingiurie;
  • svolgimento durante il periodo di malattia di un’attività parallela presso altra azienda o datore di lavoro, in modo tale da pregiudicare la guarigione;
  • rifiuto di riprendere l’attività lavorativa dopo una visita medica che abbia accertato l’insussistenza di uno stato di malattia;
  • aggressione ad un collega;
  • furto in azienda;
  • condotta extra lavorativa penalmente rilevante e idonea a far venir meno il vincolo fiduciario.

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La contestazione disciplinare

La contestazione disciplinare viene mossa dal datore di lavoro quando il lavoratore ha tenuto un comportamento censurabile sotto il profilo disciplinare, per l’inosservanza degli obblighi di diligenza, osservanza e fedeltà. Tale infrazione deve essere prontamente contestata e rappresenta una condizione di procedibilità del provvedimento sanzionatorio, in quanto il datore di lavoro deve rispettare il procedimento previsto dall’art. 7 della Legge 300/1970 (c.d. Statuto dei lavoratori), a tutela della difesa dell’interessato e della congruità della sanzione.

È importante precisare che il datore di lavoro deve affiggere in un luogo aperto e ben visibile un elenco delle regole da non trasgredire, obblighi aziendali e codici di comportamento, perché in base a queste prescrizioni può avviare un procedimento sanzionatorio nei confronti del lavoratore, salvo non si tratti di violazioni di norme di legge o di doveri fondamentali del lavoratore del tutto riconoscibili anche senza necessità di specifica previsione e affissione.

La contestazione deve essere comunicata per iscritto al dipendente e deve essere immediata, chiara, specifica e immutabile, deve inoltre essere precisa al fine di consentire al lavoratore di difendersi adeguatamente, infatti ciò che è essenziale è che il lavoratore sia messo nelle condizioni di sapere concretamente di cosa è incolpato in quanto la legge attribuisce al lavoratore il diritto al contraddittorio.

Il lavoratore, entro 5 giorni dal giorno in cui ha ricevuto la contestazione, può presentare le proprie motivazioni e controdeduzioni in forma scritta o orale con richiesta di audizione personale.

Il datore di lavoro, rispettata la procedura prevista per la contestazione, può comunque irrogare al lavoratore, sulla base del rispetto del principio di proporzionalità, una sanzione disciplinare che può variare, a seconda della gravità dell’infrazione commessa, nel rimprovero verbale, all’ammonizione scritta, alla multa, alla sospensione o al trasferimento, fino al licenziamento (in quanto le sanzioni disciplinari possono essere sia di natura conservativa che di natura espulsiva).

Il lavoratore può proporre opposizione entro il termine di 20 giorni dall’applicazione della sanzione attraverso il ricorso ad un collegio di conciliazione ed arbitrato presso la direzione territoriale del lavoro o presso l’autorità giudiziaria. Nel caso di impugnazione la sanzione intimata viene sospesa fino alla definizione del giudizio.

il licenziamento disciplinare

Il licenziamento disciplinare comprende sia il licenziamento per giustificato motivo soggettivo, sia per giusta causa e si ha ogni volta che il datore di lavoro reagisca con il licenziamento ad una condotta colpevole addebitata al lavoratore. In tali ipotesi, il licenziamento si configura infatti quale provvedimento di natura disciplinare più grave e che comporta l’irrogazione di una sanzione espulsiva.

In tutti questi casi il datore di lavoro, come detto, deve esperire la procedura prevista dall’art. 7 della Legge 300/1970 (c.d. Statuto dei lavoratori) pena l’inefficacia, che deve essere applicata anche alle piccole imprese in cui operano fino a 15 dipendenti.

È bene sottolineare come nella comunicazione con cui si intima il licenziamento disciplinare, il datore non ha l’obbligo di motivare la sua decisione, già presente e argomentata nella precedente lettera con cui ha svolto la contestazione disciplinare, né di menzionare le giustificazioni addotte dal lavoratore dopo la contestazione e neppure di indicare perchè non sono state prese in considerazione.

In caso di impugnazione spetterà infatti al giudice di merito valutare la congruità, proporzionalità della sanzione espulsiva rispetto al fatto addebitato.

i licenziamenti collettivi

E’ detto collettivo il licenziamento intimato per giustificato motivo oggettivo che coinvolge almeno 5 dipendenti. La normativa di riferimento (L. 223/1991) individua i requisiti soggettivi ed oggettivi di applicazione della disciplina, stabilendo che questa procedura interessa solo i datori di lavoro che occupano più di 15 dipendenti; che deve esserci una riduzione o trasformazione o cessazione di attività o del lavoro; che i dipendenti (almeno 5) siano stati licenziati nell’arco di 120 giorni in ciascuna unità produttiva o in più unità produttive nell’ambito del territorio della stessa provincia; i licenziamenti, infine, devono essere riconducibili alla medesima riduzione o trasformazione.

Se tali requisiti mancano sarà eventualmente possibile parlare di licenziamenti individuali plurimi e la disciplina sarà quella ordinaria prevista per i licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo.

In presenza dei requisiti soggettivi e oggettivi del licenziamento collettivo, il datore di lavoro deve attivare un procedimento complesso, che coinvolge anche i sindacati mediante una preventiva comunicazione alle rappresentanze sindacali e alla direzione territoriale del lavoro, pena l’illegittimità dei licenziamenti con obbligo di reintegrare i lavoratori interessati dai provvedimenti.

Nel caso si proceda ad impugnazione del licenziamento per riduzione del personale, il datore di lavoro dovrà provare dinanzi al giudice di aver applicato correttamente i criteri di scelta, confrontando la posizione del lavoratore licenziato con quella dei dipendenti rimasti in servizio, dimostrando altresì che questi ultimi erano stati correttamente esclusi dalla procedura di licenziamento.

impugnazione licenziamento e ricorso giudiziario

Il lavoratore che ha ricevuto un provvedimento disciplinare conservativo o un atto di licenziamento può approfondire meglio nel nostro articolo su cosa fare in caso di licenziamento.

Esponici il tuo caso inviandoci la lettera del datore di lavoro possiamo fornirti assistenza, predisporre l’impugnazione del provvedimento ed il ricorso giudiziario.

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