Protesi anca difettose

Le protesi anca difettose sono purtroppo un argomento molto attuale nel campo del risarcimento malasanità.

Con il termine protesi si intendono tutti quei dispositivi artificiali che hanno lo scopo di sostituire eventuali parti mancanti del corpo (un arto, un organo, un tessuto) o integrare parti danneggiate (ad esempio protesi dentarie, protesi ortopediche, protesi acustiche, protesi del seno); quelle che tratteremo in questo articolo sono le protesi dell’anca, in particolare quelle difettose o viziate e causa di problemi per il paziente.

La casistica più frequente di impianto protesi ortopediche riguarda l’anca e il ginocchio (l’inserimento di una protesi al ginocchio avviene quando l’articolazione che unisce femore, rotula e tibia, si danneggia in modo irrimediabile per eventi traumatici o degenerativi, artrosi), nonché per quanto attiene alla chirurgia estetica l’intervento maggiormente effettuato è l’inserimento di protesi mammarie.

I danni che più spesso si verificano a seguito di impianto di una protesi sono il mal posizionamento ed il mal funzionamento della protesi, nonché l’insorgenza di infezioni legate all’impianto stesso.

Protesi dell’anca: perchè vengono utilizzate e con quali materiali

Le cause più frequenti che rendono necessario sottoporsi a un intervento di sostituzione dell’anca sono: l’artrosi primaria (consumo precoce dei capi articolari), la necrosi idiomatica della testa del femore (morte cellulare per alterazione del circolo sanguigno) e la frattura ossea.

Tra le procedure più utilizzate in campo medico per il recupero corretto dell’articolazione, quella che impiega protesi di rivestimento totale dell’anca è una tra le più diffuse ed efficaci.

La protesi d’anca è costituita da alcuni elementi che permettono di ottenere un recupero totale dell’articolazione.

L’intervento consiste nel fissare al bacino una cavità artificiale che funge da acetabolo. Questa cavità è chiamata coppa protesica. Successivamente si applica il c.d. stelo protesico, un’estremità dello stelo è fatta per saldarsi al femore, l’altra estremità presenta una testa che alloggia perfettamente dentro la coppa protesica.

La protesi d’anca è costituita da diversi componenti che possono essere realizzati in leghe metalliche (leghe di titanio o di cromo-cobalto), ceramica o materiale plastico (polietilene).

Le protesi che maggiormente consentono di ottenere un buon recupero dell’articolazione e che sono soggette meno ad usura e più performanti sono quelle in cui almeno una delle parti componenti è in metallo.

Gli accoppiamenti che possono essere fatti sono: metallo-polietilene, ceramica-polietilene, ceramica-ceramica, metallo-metallo.

Le protesi metallo metallo sono state ampiamente utilizzate fino a qualche anno fa, perché permettevano di avere maggiori benefici in termini di durata, minor tasso di usura, riattivazione del meccanismo del movimento dell’anca. Tuttavia, sin dai primi anni 2000, molte aziende produttrici (DePuy, Stryker, Zimmer, Biomet) le hanno dovute ritirare dal mercato perché il loro utilizzo si è rivelato pericoloso per la salute del paziente in quanto potevano produrre complicazioni importanti.

Gli impianti metallo-metallo, infatti, possono rilasciare, a causa dello sfregamento, ioni metallici che entrano nel flusso sanguigno del paziente provocandogli un avvelenamento da metalli, conosciuto come metallosi.

Attualmente la soluzione più comunemente adottata per questo tipo di protesi è l’accoppiamento di metallo e polietilene (MoP).

Protesi anca difettose e metallosi all’anca

Le protesi MoM (Metal on Metal) essendo costituite da due parti metalliche che durante il movimento si sfregano tra loro, rilasciano micro particelle nel sangue. Si tratta degli ioni cromo e degli ioni cobalto che se rilasciati in quantità elevate possono rivelarsi tossiche.

Gli effetti collaterali legati a questo tipo di protesi erano già conosciuti a partire dagli anni 70 del secolo scorso, ma le maggiori aziende produttrici di protesi d’anca hanno continuato a produrle e ad immetterle nel mercato data la minore usura delle superfici meccaniche rispetto ad altri impianti e per la maggiore versatilità di tali protesi, particolarmente adatte nei soggetti più giovani e attivi.

Tuttavia era anche ben noto che a fronte di tali vantaggi poteva realizzarsi una usura delle superfici meccaniche che conduce alla produzione ed accumulo di ioni metallici e detriti a livello dei tessuti peri-protesici.

Protesi d’anca tossiche e le loro conseguenze

Il rilascio locale e l’assorbimento in circolo degli ioni cromo e cobalto può essere causa in alcuni pazienti dei seguenti sintomi:

  • reazioni generali da ipersensibilità (rush cutanei);
  • sintomi neurologici anche a carico di organi sensoriali (alterazioni uditive o visive);
  • alterazioni dello stato psicologico;
  • cardiomiopatia;
  • alterazione della funzionalità renale;
  • disfunzioni tiroidee;
  • reazioni infiammatorie locali e talvolta aggressive.

Risarcimento protesi anca difettose

Nonostante la possibile azione nociva delle protesi metallo-metallo fosse nota da anni, negli ultimi decenni sono state riproposte da alcune aziende produttrici cagionando ai soggetti che si sono sottoposti a questo intervento numerosi danni, tra i quali sicuramente il doversi sottoporre ad un altro intervento di revisione (sostituzione) della protesi MoM, nonostante nella maggior parte dei casi la vecchia protesi fosse perfettamente impiantata e abbia permesso al paziente un recupero totale della mobilità articolare.

Nei casi in cui siano sorti i sintomi tipici della metallosi ed il paziente debba sottoporsi ad un altro intervento di sostituzione, per lo sfortunato paziente vi sarà il prodursi di un danno causato da uno stato di stress psicofisico dovuto alla consapevolezza di doversi sottoporre ad un altro intervento chirurgico rischioso e molto più invasivo rispetto al precedente, con rischio molto elevato di infezioni, nonché alle conseguenti terapie riabilitative, oltre alla preoccupazione di perdere, per chi è lavoratore dipendente, l’occupazione in ragione della forzata interruzione di ogni attività.

In tali casi è quindi configurabile una responsabilità sia dell’azienda produttrice delle protesi, sia degli operatori sanitari che, consapevoli del rischio metallosi, hanno comunque proceduto con tale impianto, sottacendo e omettendo nella maggior parte dei casi di invitare i pazienti che hanno subito l’impianto di protesi metallo-metallo a sottoporsi a controlli periodici specifici per verificare l’insorgenza di eventuali problemi ed effetti collaterali.

Il dovuto risarcimento può da un lato aiutare il paziente nel sostenere i costi per le cure mediche ed interventi riparatori futuri e, dall’altro, compensare il dolore e la sofferenza anche psicologica che il paziente deve sopportare in conseguenze delle complicanze subite in seguito all’installazione della protesi.

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