Quando si parla di rinunce e transazioni è bene precisare che con il termine rinunzia si fa riferimento a quegli atti unilaterali recettizi con cui il lavoratore rinuncia ad alcuni diritti (ad es. il diritto a percepire una retribuzione dignitosa, a permessi retribuiti, al riposo giornaliero e annuale per ferie, al versamento dei contributi), mentre le transazioni sono quei contratti con cui lavoratore e datore definiscono una lite già cominciata o raggiungono un accordo, facendosi reciproche concessioni, prevenendo una lite che sta per insorgere.
Rinunce e transazioni diritto del lavoro
Il legislatore ha stabilito che le rinunce e transazioni in materia di lavoro che hanno per oggetto diritti del lavoratore derivanti da disposizioni inderogabili di legge e dei contratti o accordi collettivi non sono valide, eccetto nei casi in cui siano contenute nei verbali di conciliazione da sottoscrivere:
- avanti alla commissione di conciliazione istituita presso la (DTL) direzione territoriale del lavoro (Art. 410 c.p.c.);
- avanti la commissione di conciliazione istituita in sede sindacale (Art. 412 ter c.p.c.);
- in sede giudiziale (Art. 185 c.p.c.);
- presso i collegi di conciliazione e arbitrato irrituale (Art. 412 quater c.p.c.).
Ed infatti in questi casi viene meno l’esigenza di tutela del lavoratore posta alla base del suddetto divieto, trattandosi di ipotesi in cui la posizione del lavoratore è adeguatamente protetta nei confronti del datore di lavoro per effetto dell’intervento, in funzione garantista, di un soggetto terzo (autorità amministrativa, sindacale, giudiziale).
Al riguardo, l’intervento del terzo è idoneo a sottrarre il lavoratore dalla condizione di soggezione nei confronti del datore di lavoro che rende sospette di prevaricazione da parte di quest’ultimo le transazioni e le rinunce intervenute nel corso del rapporto in ordine a diritti previsti da norme inderogabili.
Rinunce e transazioni invalide (art 2113 cc)
Le rinunce e transazioni invalide perché aventi ad oggetto diritti del lavoratore derivanti da disposizioni inderogabili di legge e dei contratti o accordi collettivi non contenute in verbali redatti all’esito di conciliazione intervenuta in sede amministrativa, sindacale o giudiziale, possono essere impugnate dal lavoratore con una specifica azione di annullamento prevista dal codice civile (articolo 2113 cc comma 2-4).
L’impugnazione deve avvenire a pena di decadenza entro sei mesi decorrenti dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, se l’atto di disposizione è avvenuto nel corso del rapporto di lavoro, oppure dalla data in cui è stato firmato l’atto, se quest’ultimo è intervenuto dopo la cessazione del rapporto di lavoro.
Rinunce e transazioni: validità e impugnazione
Ai sensi dell’articolo 2113 codice civile le rinuncie e le transazioni che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi concernenti controversie individuali di lavoro non sono valide. Questa norma si applica non solo nei rapporti di lavoro subordinato, ma anche nei rapporti di collaborazione, para subordinazione, nei contratti di agenzia e agrari.
L’art 2113 codice civile prevede, inoltre, che le rinunzie e le transazioni devono essere impugnate, a pena di decadenza, entro 6 mesi dalla data di cessazione del rapporto o dalla data della rinuncia o della transazione. L’impugnazione può essere effettuata con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, del prestatore di lavoro, purché sia un atto idoneo a manifestarne la volontà.
Rinunce e transazioni nei verbali di conciliazione
Molto importante segnalare che però l’invalidità dell’atto non riguarda gli atti di rinunzia e transazioni concluse presso le sedi competenti alla conciliazione (sindacati, direzione territoriale del lavoro, presso i tribunali del lavoro). Ed infatti, l’art. 2113, comma 4 c.c., sancisce la non impugnabilità della rinuncia o transazione versata nel verbale di conciliazione.
Al riguardo, nei verbali di conciliazione è dato leggere: Il conciliatore, accertata l’identità delle parti, la capacità ed il potere di ciascuna di esse di conciliare la controversia in esame, ha preventivamente provveduto ad avvertire le parti stesse circa gli effetti propri della conciliazione in sede sindacale, giusto il combinato disposto dell’art. 2113, comma 4 c.c., che ne sancisce la non impugnabilità “la rinuncia o transazione versata nel verbale di conciliazione è sottratta all’impugnazione prevista dall’art. 2113 ” e degli artt. 410, 411, comma 3° come modificati dalla legge 11 agosto 1973 n.533 e dalla legge 04.11.2010 n° 183.
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